Una breve guida per mettere l’accento al posto giusto.
Eccomi a scrivere degli accenti, dopo essermi imbattuta in un refuso proprio con uno di loro in un post di qualche tempo fa! (Questo mi ricorda quanto sia necessario fare infiniti giri di revisione di un testo per non perdermi nemmeno…un accento!).
Quando parliamo usiamo necessariamente gli accenti ed ad indicarli ci aiuta la voce. Indichiamo, pronunciando la parola, se le vocali sono “aperte o “chiuse”.
Esemplare il caso del dialetto, quella lingua caratteristica di ogni regione e città.
Ancora meglio definirlo al plurale: i dialetti son davvero tanti! Un milanese dirà di se stesso che è un “milanèse”; in generale nel Nord Italia si invertono le vocali aperte e chiuse.
Se sono aperte diventano chiuse nella pronuncia e viceversa.
Cosa succede agli accenti nella comunicazione scritta?
Nello scritto non c’è bisogno di marcare se una vocale sia aperta o chiusa e gli accenti da segnare graficamente sono in minor numero. Che l’accento vada solo sulle vocali lo do per scontato e non lo scrivo ok?
Accento grave o acuto?
Semplicemente, possiamo dire che se l’ultima sillaba è accentata è necessario usare il nostro caro segno grafico detto accento.
Ma quando si usa l’accento acuto?
Se l’ultima sillaba è una e, e la vocale é chiusa come nei composti di che:
perché, benché, affinché. Come vedi il trattino, detto, accento, va verso l’alto.
Aggiungiamo anche i composti di tre:
ventitré, trentatré e via dicendo.
Al passato remoto nella terza persona singolare (finale in e) si usa sempre l’ accento acuto:
Il Re non poté nulla contro le forze nemiche.
Quando si usa l’ accento grave?
Se la vocale e si pronuncia aperta:
È, caffè, cioè…per citarne alcuni! In queste parole il trattino va verso il basso.
La pronuncia sempre aperta è quella della parola con la vocale finale o, dunque:
Oblò, però, andrò, falò…accento grave!
Come si accentuano le parole che finiscono con la vocale a, oppure i, o u ?
Qualsiasi sia la pronuncia l’ accento sarà sempre grave:
Libertà, onestà, congruità…
Perchè sono importanti gli accenti?
Nell’ipotesi di parole omografe ( ovvero stessa grafia ma diversa pronuncia) gli accenti possono aiutare a comprendere cosa si vuole realmente indicare.
È pur vero che nel contesto di un discorso scritto sono spesso omessi in quanto altri elementi sono fondamentali per intuire di cosa sta scrivendo l’ autore.
Se scrivo che sto andando a pesca di solito non indico l’ accento poiché difficilmente il lettore assocerebbe (per intuito logico) la parola pesca al gustoso frutto estivo.
Sottinteso, dunque, che per pesca si intenda, pacificamente, l’ atto del pescare.
Ma se scrivo “la mia amata pesca!” in mancanza di altri riferimenti potrebbero essere due le interpretazioni:
Mi riferisco al mio amato atto di pescare oppure, magari, sto per mangiare il mio frutto preferito!
Ecco la distinzione grafica:
La mia amata pèsca! (accento grave, il frutto)
La mia amata pésca! ( accento acuto, l’ atto del pescare).
Differente, no?
E per finire, ricordiamoci sempre di controllare ad occhio per i più esperti o con il correttore ortografico (soprattutto quando si scrive di getto e non si bada alla forma…ma al contenuto) che non si apostrofa il maiuscolo E.
Cioè non si scrive E’ bensì È.
Per pigrizia o disattenzione, o perché magari si lascia la tastiera impostata in un modo e non si va a cercare la parola accentata giusta nel software degli strumenti, rischi di “macchiare il tuo capolavoro” con un’ imprecisione che qualcuno noterà sicuramente.
Non correre questo rischio.
Prenditi un po’ di tempo e rileggi (anche fosse l’ennesima volta) ciò che hai scritto per i tuoi amati lettori. Potrebbero essere dei giudici ” inflessibili”!
Come usi gli accenti? Anche a te è capitata qualche “svista”? Fammi sapere!
PER APPROFONDIRE:
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